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Biografia

Pirzio, al secolo Elio Fiore, nasce nel 1920 a Firenze in una famiglia che gli trasmette le antiche tradizioni fiorentine, tradizioni che resteranno profondamente radicate in lui e lo accompagneranno per tutta la vita: l’amore immenso per la sua Firenze, che vedrà nel tempo cambiare e “sciupata” dal caos, lo studio ed il rispetto per le opere d’arte che, da buon fiorentino sente proprie, le ammira e ne percepisce tutto il fascino che emanano, infine un carattere forte e sanguigno mai disposto al silenzio se c’è da parlare e battagliero fino in fondo per i propri valori; si dichiara egli stesso polemico: per lui polemica è onestà “ …guai a chi gli va bene tutto e non discute…”

A soli 20 anni è chiamato a partecipare alla Seconda Guerra Mondiale: parte, ignaro di quanto sarebbe cambiata la sua vita
. Catturato dai tedeschi è costretto a sei lunghi anni di prigionia durante i quali promette a se stesso che, se fosse riuscito a tornare a casa vivo, avrebbe dedicato il resto della sua vita alla sua unica passione: la pittura. Scrisse di sé in occasione di una mostra personale alla Chiostrina:

“ Nacqui nel 1920, in Via Romana, dove i fiorentini nascono fiorentini. Cominciai a disegnare ch’ero ragazzo, così per istinto, da solo, nella venerazione per il mondo dell’arte. Col tempo sensazioni e sentimenti presero consistenza, nel piacere di costruire giorno per giorno una realtà prima inseguita come sogno d’amore. Poi la triste esperienza di sei lunghi anni di guerra e di prigionia in Germania lasciarono irrisolti problemi tra me e la vita…”

1947-1970 


A partire dal 1947, nel suo primo studio in Via Panicale, rigorosamente in pieno centro di Firenze così come i successivi, si dedica completamente al suo mestiere e dopo qualche traccia lasciata dalla guerra ed impressa nella tela con il solo colore grigio, si cimenta in sperimentazioni, sfidando tecniche a lui non consuete, sempre con la passione del suo temperamento: dipinge nature morte, composizioni, interni del suo Studio, paesaggi; si dichiara un Artigiano dell’arte. Affronta le composizioni materiche: si tratta di assemblaggi, di vicinanze casuali, di oggetti trattati con una pennellata carica di colore, ridondante, ben sensibile al tatto e a volte addirittura ammucchiato. E’ la moda del momento, del successo immediato che trova rispondenza nel mercato non solo italiano. Si registrano consensi e commissioni dagli Stati Uniti ma questo successo non appaga l’Artista. La pittura materica, infatti, è ripetitiva ed uccide la ricerca. Così dopo cinque anni abbandona questa tecnica. Trova riferimenti in fiori immaginari che sembrano fissi nel tempo, non freschi non secchi, somiglianti a rose, che sembrano parlare e raccontare tutto dell’ambiente e delle persone che hanno intorno: sono i fiori che hanno visto molte epoche, conoscono molto dell’uomo, ecco perché li dipinge all’interno di una stanza, è come se dipingesse l’uomo che la abita.

Carattere impetuoso, artista di grande talento, era considerato nell’immediato dopoguerra uno dei più impegnati esponenti della contestazione giovanile toscana, culminata con quella clamorosa impresa del 1956 - realizzata insieme a Pietro Annigoni, Mario Romoli - che fu l’occupazione della Torre di Arnolfo in Palazzo Vecchio finalizzata ad evitare l’espatrio per una mostra itinerante in America di 45 opere d’arte della Galleria degli Uffizi. Barricato sulla torre campanaria della Torre al grido “adunate il popolo di Firenze” Pirzio imprime anche sulla tela quei giorni nel quadro Sulla Torre d’Arnolfo 45X60 olio su cartone telato; la folla si raccoglie in Piazza della Signoria, il Sindaco La Pira incontra i quattro pittori barricati nella Torre e fa da mediatore: la notizia arriva subito a Roma e va ad ingigantire la confusione che si è creata in tutto il Paese per l’espatrio di tali opere d’arte. Al Ministero incontri e scontri si fanno più fitti. Annigoni tiene contatti con il Governo; il giorno dopo alle 18,30, tra una folla esultante, i quattro arditi escono dalla Torre trionfanti: le opere d’arte non partiranno più per la tournee di oltre oceano.

La notorietà improvvisa non si è ancora spenta che il 16 Aprile del 1957 Pirzio, insieme ad Annigoni, Romoli, fonda l’Associazione Torre d’Arnolfo per la costruzione del nuovo Palazzo per le Esposizioni, di cui Firenze sente ormai la mancanza. L’Associazione dà il via ad iniziative per la raccolta di fondi: sottoscrizioni e vendite di opere a prezzo fisso. Neanche un anno più tardi, con la vendita di oltre 400 disegni, raccoglie oltre un milione e mezzo di Lire. Pirzio e Romoli, esaltati per aver ricevuto un quadro da Jean Cocteau, vorrebbero coinvolgere allo scopo altri grandi: è così che nel 1958 si recano a Cannes per essere ricevuti da Pablo Picasso. Dopo inutili tentativi ricorsero all’astuzia comprando un toro da portargli in dono; Picasso, che ne era appassionato, di fronte a tale stratagemma ricevette i due pittori. Durante il tempo trascorso insieme, Picasso chiede a Pirzio come è possibile fare arte a Firenze con tutti quei Maestri alle spalle e lui risponde
“ l’arte è un’altra cosa, è una cosa dell’anima. Se c’è viene fuori. Non vale allora abitare a Firenze, Milano, New York. Se c’è ti prende ed è lei che comanda. Tu senti un gran bisogno che viene da dentro e non ce la fai ad opporti; non ti resta che prendere il pennello e se quel bisogno è tanto forte non resta che seguirlo”. Picasso licenzia i due audaci pittori fiorentini con un disegno di un toro più vivo di un toro vivo, disegno che và ad impinguare la già abbondante raccolta della Torre d’Arnolfo. Come riconoscimento Pirzio viene nominato membro dell’Antica Compagnia del Paiolo, della quale per molti anni sarà Segretario.

1970-1990 


Dall’inizio degli anni ’70 Pirzio diventa quasi pittore di moda: sono oltre cento i ritratti che in questo periodo escono dal suo Studio. Ma il ritratto su commissione lega la mano dell’artista come la catena il condannato, così si dedica alla ricerca di materiali primari tra i quali le scorie di ferro, trovato sulle spiagge dell’ amato Golfo di Baratti: assembla insieme i piccoli pezzetti e ne ricava forme, modelli da dipingere poi su tela: è così che nascono “Meteoriti”, quadri che raffigurano momenti della vita quotidiana ambientati negli interni, dove i personaggi sono le nature morte dei modellini da lui creati, quadri esposti a varie mostre personali e collettive (Firenze, Milano, Roma) che hanno ricevuto premi e riconoscimenti di critica e di pubblico. Le “Meteoriti” hanno affascinato Pirzio che tramite loro è riuscito a rappresentare il suo Uomo, spesso grondante di pessimismo ma sempre sorretto dall’amore.
La forte interiorità dell’Artista è espressa in uno splendido dipinto L’ultimo dei saggi 300X200 che segna una svolta decisiva e riassume tutto il suo pensiero, il suo essere in questo mondo: è il dipinto di un uomo, già in decomposizione per un’esplosione atomica che, come ultimo gesto di amore e di speranza, va a proteggere con le sue mani scarne un fiore che sta nascendo; da questo momento in poi, per esprimere meglio il suo concetto di Uomo, Pirzio apre una nuova collana gli “Uomini di Sempre” raffigurati come essenzialità di antichi valori. L’Artista ritrae i loro volti in maniera essenziale trasmettendo all’osservatore le loro impressioni, i loro sentimenti: non sono precisi nei lineamenti, ma carichi di sensazioni. Sono i nuovi uomini, sopravvissuti a questa esplosione atomica, tramite i quali lancia messaggi forti, incisivi, inequivocabili alternando ai grovigli interiori degli Uomini di Sempre la calma assoluta dei suoi deserti paesaggi marini, quasi a voler rilassare la mente con solitudine ed oblio. Possono essere figure sole oppure in gruppo come le “dinastie”, che rappresentano il ciclo dell’uomo ed il suo tempo, spesso però Pirzio rappresenta la famiglia dipingendo madre e figlio vicini ed il padre, a volte lontano dal centro del quadro, spesso mimetizzato nell’ambiente circostante, quasi a non voler turbare l’alone creato dall’amore tra madre e figlio; la maternità, infatti, è un tema che l’artista dipingerà con particolare intensità per tutta la vita. La Maternità verde dipinta nel 1964 e La fonte della vita del 1970 ne sono chiari esempi.

Uno stadio successivo della sua ricerca che investe soprattutto il colore sono le Figure Nere, figure intere isolate nella loro scultorea e primordiale bellezza, invadono la tela, non hanno bisogno di alcun supporto, sono adagiate su sfondi dai colori brillanti che sembrano riflettere di luce propria, sfondi che si ritirano via via che l’osservatore trattiene lo sguardo sulla tela.
“per fare arte - scrive - bisogna capire, capire un’anatomia, una figura, un colore, una forma, uno scorcio, una luce e capirli tutti insieme, vederli con gli occhi di oggi, con tanto amore e senza pietà, in una libertà che è conquista di tutti i giorni e che non sopporta altre leggi o altre regole che non siano le sue”
in queste poche righe c’è la sua teoria dell’arte. Libertà, da tutte le convenzioni umane: comincia il suo isolamento “…vivo e dipingo a Firenze dove gli artisti lottano gomito a gomito per la medaglia o il pezzetto di critica da attaccare alla parete” .. “vivo e mi muovo in un’atmosfera pesante che opprime ogni respiro, che decide i limiti della cultura e dell’arte di questa città che vive solo del suo grande passato”.
A metà anni ‘80 prende una decisione: rinuncia all’amata Firenze ben consapevole che si preclude la possibilità di essere visto ed apprezzato ma lui vive solo per la sua arte e, sempre convinto che il cliente cerca l’Artista e non deve essere viceversa, si trasferisce prima in Versilia, troppo “borghese”, poi nelle campagne Toscane dove finalmente trova il silenzio, la natura. E prosegue la sua vita e con essa l’instancabile ricerca di mezzi espressivi sempre più diretti, sempre più essenziali. Inizia in questo periodo il percorso della scultura. La materia da scolpire non è di primaria importanza, per lui è importante scolpire, sia esso Onice, Quarzo rosa o Serpentina verde di Prato. Il taglio diretto, incancellabile, lo sfida e lo porta al confronto diretto con la materia. Anche quando dipinge la pennellata è più forte, diretta, intensa: gli “Uomini di sempre” acquisiscono segni metafisici ed il ritratto lascia il suo significato tradizionale di somiglianza visiva e assume quello di somiglianza interiore: è il ritratto del carattere, della personalità del soggetto e dice: “chi desidera un ritratto può appendere al muro una gigantografia io dipingo il dentro”.

1991-2001 


Il tema ricorrente di questo ultimo periodo è Il Desco, inteso da lui come l’incontro più naturale tra gli Uomini di Sempre; la composizione del desco è sempre ridotta all’essenziale: due figure, siano esse una coppia o due amici seduti ad un tavolo sul quale troviamo una mensa frugale, una mela, sempre simbolica, con due piatti che aspettano di essere riempiti, oppure un pezzo di pane o un grappolo d’uva: nel Convivio un olio su tela di 5 metri, il tavolo è addirittura semi vuoto: Gesù seduto di fronte ai suoi, volge le spalle all’osservatore ed i commensali sono Uomini di Sempre tra i quali l’Artista si raffigura insieme alla figlia intenta a porgergli un pezzo di pane.

 
Scrive ripensando alla sua vita “…vado via con l’età della ragione, la quale mi dice e indica quel poco che mi serve, mi basta la pace in me stesso e la LIBERTA’ di dire fare e pensare, naturalmente nei miei limiti…”

Fino alla fine ha dipinto i suoi Uomini di Sempre per se stesso, mai per un pubblico, mai per un mercato. Uomo di gran carattere, brillante fiorentino polemico, è la grande voce ribelle, mai rassegnata, che si è sempre alzata contro tutto e tutti quando c’era qualcosa per cui protestare. Quanti uomini consumano la loro vita come ombre senza lasciare un segno dietro di loro: certo questo non si può dire di Pirzio perché fino all’ultimo battito del suo cuore ha gridato contro tutte le infamie e le ingiustizie che vedeva intorno a lui, e queste grida le ha lasciate impresse nei suoi dipinti, nelle sue sculture, e noi - non completamente sordi - riusciremo ad udirle ancora adesso e se avremo coraggio e orgoglio cominceremo anche noi a gridare. Questo è il messaggio che Pirzio ha voluto lasciarci.